28 aprile 2009

richiesta di aiuto dalla Bosnia: due pompe per l'acqua

Ciao da Breza,

una richiesta (in emergenza...) del nostro partner locale Municipalizzata di Breza: dopo una quindicina d'anni di servizio le due pompe (centrifughe ad asse orizzontale, pare) di italica marca Caprari avute in donazione durante la guerra stanno per lasciarci, con probabili gravi conseguenze sulla disponibilita' d'acqua a Breza, gia' di per se' incerta... I motori elettrici allegati alle due pompe invece funzionano ancora bene

Se sapete di qualche municipalizzata nostra che ne abbia di dismesse in magazzino (due: viaggiano in copia) e voglia spedirgliele, ve ne saranno eternamente grati (cioe', almeno fino a quando non si scasseranno anche quelle :-)

Enrico

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24 aprile 2009


DOCUMENTO
del Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare
e della Coalizione Italiana contro la Povertà – GCAP Italia
in occasione del G8 dei Ministri dell’Agricoltura Cison di Valmarino (TV), 18 – 20 Aprile 2009

“IL CIBO AL CENTRO, L’AGRICOLTURA OVUNQUE!”

L’Italia ospita quest’anno il summit del G8 nel cuore di una crisi finanziaria che si è sovrapposta alla crisi alimentare ed energetica, per poi diventare una crisi economica con effetti sull’economia reale e sul benessere delle famiglie. Il recente default mondiale si è infine inserito su due crisi strutturali come quella climatica e quella della governance globale.
Nessuna di queste crisi è stata prevista dalle autorità né affrontata con strategie politiche adeguate e con senso di responsabilità, generando solo risposte palliative, in perfetta continuità con le politiche responsabili di un tale effetto domino. Come diceva Albert Einstein, “la follia è fare sempre la stessa cosa e attendersi risultati diversi”. Ne ricaviamo la forte sensazione di un’incapacità prospettica e gestionale da parte di quella leadership globale che pretende di guidare il mondo.
Lo scoppio della crisi alimentare ha fatto nuovamente emergere la necessità di restituire all’agricoltura il ruolo che le spetta, ponendola al centro delle priorità e delle politiche dei governi. Fino all’impazzimento dei prezzi delle derrate agricole che in un solo biennio ha spinto nell’insicurezza alimentare altri 100 milioni di uomini, donne e bambini, l’agricoltura era considerata solo come un settore secondario, come mero ostacolo alla chiusura del negoziato sul commercio internazionale. Ne è sintomatico esempio il calo drastico dell’aiuto pubblico allo sviluppo agricolo, che da un massimo del 18,1% del 1979 è precipitato al 3,5% del 2004, come evidenziato con evidente senso di colpa anche dalla Banca Mondiale. Le poche risorse disponibili sono state inoltre indirizzate verso un modello produttivo agroesportatore di un numero molto limitato di commodities che si è rivelato fragile, energivoro e a beneficio di elite ristrette, al nord come al sud. Un modello preda della volatilità dei prezzi e indifferente alla sicurezza alimentare.
Per noi è sempre stato chiaro che intorno all’agricoltura e al cibo si costruiscono relazioni sociali, governo del territorio, sovranità delle nazioni, diritto all’alimentazione; è uno dei pochi settori che produce ricchezza materiale e che nel mondo garantisce occupazione più di qualsiasi altro.
Restituire all’agricoltura il ruolo che le spetta significa anche riconoscere il valore del lavoro agricolo svolto da oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone attive nel settore, circa il 50% dell’intera forza lavoro del pianeta, parte della quale rappresentata da lavoratori salariati, dipendenti per lo più stagionali e che, in molti paesi del mondo, non godono né dei diritti sindacali né di tutele contrattuali, né di misure sociali; così come nel mondo l’agricoltura arruola un esercito di lavoratori-bambini o immigrati sfruttati.
Lo smantellamento dei sistemi agroalimentari interni per affidarsi ad un anonimo “vivandiere globale” ha fatto sì che la crisi alimentare si abbattesse più crudamente, mettendo in evidenza in maniera inequivocabile che un’agricoltura senza agricoltori produce consumatori senza cibo.
In realtà l’umanità non ha mai disposto di tanto cibo come oggi, sufficiente, per la FAO a sfamare 12 miliardi di individui. Nel biennio 2007/2008 (quello della crisi alimentare) la produzione di cereali, base dell’alimentazione di tutto il pianeta, ha toccato i suoi valori record, ma la convergenza del caro petrolio e del business degli agrocarburanti con la speculazione finanziaria, fattori esogeni al settore agroalimentare, ha determinato una spirale inflattiva che ha seriamente colpito i consumatori senza al contempo migliorare il reddito degli agricoltori.
La libertà di azione concessa alla speculazione finanziaria, lasciata operare in un quadro di completa deregolamentazione, ha permesso anche la diffusione di insostenibili monocolture per la produzione di agrocarburanti orientata all’esportazione che hanno sottratto terreni agricoli per la produzione di cibo senza contribuire minimamente alla mitigazione climatica. Per questo chiediamo una moratoria immediata sugli agrocarburanti monocolturali a filiera lunga e l’uscita della finanza dal cibo e dai patrimoni fondiari sui quali ora si sta proiettando l’ombra lunga dell’economia di carta in cerca di asset remunerativi dopo l’esplosione delle recenti bolle speculative.
In questo contesto l’Africa sta pagando il prezzo più alto. È il continente dove si registra il più alto tasso d’occupazione agricola e il più alto numero di persone colpite da insicurezza alimentare, dove il cambiamento climatico ha i suoi effetti più devastanti, dove sono state più perniciosamente perseguite le politiche di aggiustamento strutturale con tagli alla spesa pubblica, annullamento dei servizi all’agricoltura (fornitura di fattori produttivi, credito, assistenza tecnica) e degli strumenti di gestione dell’offerta. L’Africa è divenuta così un continente che ha aumentato le esportazioni di prodotti agricoli primari aumentando al contempo in maniera più che proporzionale le proprie importazioni di prodotti alimentari, ovvero il suo indebitamento e la sua vulnerabilità politica. Sull’Africa inoltre stanno recentemente convergendo molteplici interessi geopolitici legati al controllo delle terre fertili e delle sue risorse naturali o volti all’appropriazione del suo mercato in espansione. Da una parte banche, imprese, investitori, agrobusiness e governi non africani proiettano sul continente i propri investimenti speculativi attingendo alle sue abbondanti risorse, dall’altra si cerca di applicare al suo sviluppo agricolo un modello universale e datato come quello della nuova rivoluzione verde per generare profitti attraverso il commercio di sementi industriali, fertilizzanti e pesticidi, aggravando le condizioni di salute dell’ambiente e aumentando il livello di indebitamento degli agricoltori.
Un percorso alternativo allo sviluppo dell’agricoltura africana e al soddisfacimento del fabbisogno alimentare dell’Africa è proposto dalle organizzazioni contadine, di allevatori e di pescatori artigianali che rivendicano la capacità dell’Africa di provvedere al proprio fabbisogno alimentare facendo di questa piattaforma l’oggetto di negoziazione con le istituzioni regionali e internazionali. Queste organizzazioni sono in procinto di creare una Piattaforma continentale di reti contadine regionale capace di interloquire con l’Unione Africana e le altri istituzioni intergovernative in difesa degli interessi della maggioranza della popolazione africana.
Quello che queste organizzazioni rivendicano si basa sulla difesa del modello di agricoltura familiare e agro ecologica, ampiamente capace di rispondere alla domanda alimentare del continente a patto di essere sostenuto adeguatamente. Ciò richiede delle politiche agricole regionali e nazionali – formulate con la partecipazione degli attori sociali – che reintroducano i servizi all’agricoltura aboliti con l’aggiustamento strutturale, dirigano gli investimenti verso le economie e le infrastrutture rurali, costruiscano i mercati locali e regionali e li difendano dalla competizione sleale da parte della sovra-produzione dell’agricoltura industriale e sussidiata in altri parti del mondo, difendano l’accesso dei contadini alla terra e alle altre risorse naturali.
In particolare, le tecniche agronomiche e di produzione agricola richiedenti ingenti quantitativi d’acqua, sono oggi una delle maggiori cause dell’emergenza di risorse idriche. L’acqua dolce sottratta agli ecosistemi naturali e utilizzata per l’approvvigionamento di sistemi agricoli in larghissima parte destinati all’esportazione, sottrae tale bene pubblico fondamentale alle comunità locali, principalmente nei paesi poveri.
Per garantire la sicurezza alimentare interna e un reddito equo ai produttori di cibo, al Nord come al Sud, è necessario tutelare i mercati locali: i paesi devono avere pertanto il diritto di promuovere il commercio di prossimità attraverso misure capaci di arginare gli effetti del dumping o le misure distorsive del commercio internazionale utilizzate per penetrare in modo sleale nei mercati dei paesi in via di sviluppo, come i sussidi all’esportazione. Il diritto alla sovranità alimentare deve essere il principio-guida nei processi negoziali in corso a tutti i livelli, multilaterali e bilaterali, ma perché sia esigibile va salvaguardato un multilateralismo autentico, dove il ruolo delle Nazioni Unite e delle loro agenzie dedicate sia centrale e prevalente nel sistema di governance globale.
Occorre dare priorità in tutte le sedi istituzionali ai mercati locali e alla filiera corta invece che farne il terreno favorevole per le grandi concentrazioni dei sistemi della grande distribuzione organizzata internazionale.
Questo consente di avere uno spazio rurale ricco in popolazione e attività agricola, (meglio avere un vicino che un deserto come vicino), la mitigazione del caos climatico, l’emancipazione da fonti fossili di energia, la tutela ed il ripristino della fertilità dei suoli, un’agricoltura economa nei costi di produzione, la qualità e salubrità dei prodotti strettamente legata alla biodiversità agricola locale e alla quantità di lavoro impiegata. In sostanza una strategia che contempli la gestione sana del territorio e delle risorse naturali, la coesione sociale, una economia tarata sui bisogni e sui diritti, la sovranità alimentare e la sicurezza tout court dei paesi.
Queste non sono deliberazioni ideologiche, ma pratiche che le organizzazioni sociali stanno moltiplicando nel pianeta: il moltiplicarsi di esperienze virtuose ancorate sui mercati di prossimità, l’estendersi delle superfici a biologico, da intendersi come modello di sviluppo rurale e non come mera tecnica, l’affermarsi di pratiche di ricerca partecipata che rendono gli agricoltori co-titolari dell’innovazione, sono le modalità con cui si rimettono al centro dei processi di sviluppo le comunità contadine restituendo loro un necessario protagonismo.
Un modello di agricoltura di piccola scala e agroecologica non rappresenta una soluzione velleitaria ma è quanto caldeggiato dai 400 esperti che hanno prodotto lo IAASTD report, promosso fra l’altro da Banca Mondiale e FAO e sottoscritto da una sessantina di paesi. Questo rapporto, che la comunità internazionale sembra ostinarsi ad ignorare, dice inoltre che gli OGM non rappresentano un’opzione valida per garantire la sicurezza alimentare, il welfare dei contadini e la soluzione al cambiamento climatico. Le colture transgeniche, non solo mantengono l’agricoltura subalterna alle logiche industriali, ma introducono con i brevetti e i contratti di coltivazione una forma di controllo sulla produzione di cibo che mette a repentaglio la sicurezza alimentare del pianeta, sommandosi ai rischi di inquinamento genetico che minacciano la biodiversità naturale e l’integrità delle produzioni alimentari. Gli OGM quindi rappresentano un modello di produzione insostenibile.
Politiche che facciano leva sull’agricoltura agroecologica, sulla centralità del lavoro e sul diritto al cibo e alla sovranità alimentare devono divenire prioritarie per le autorità pubbliche e le istituzioni internazionali. Assistiamo preoccupati al moltiplicarsi di luoghi di governance sul cibo e l’agricoltura che disperdono le energie e impediscono un confronto democratico e trasparente con le rappresentanze sociali. La proposta lanciata dal Governo francese e del G8 di una Global Partnership for Agriculture and Food Security deve essere ancora discussa nelle sue modalità per renderla maggiormente partecipata rispetto a quanto lo è stato finora, e in grado di valorizzare le sedi internazionali legittime preposte proprio a garanzia del diritto all’alimentazione, in particolare la FAO. Ci auspichiamo che
questo avvenga al più presto e che i paesi diano un contributo al dibattito in tal senso, nonché le risorse finanziarie necessarie.
La questione della governance è cruciale in questo momento, le istituzioni agricole internazionali devono migliorare la loro efficienza e dimostrare di saper affiancare in maniera appropriata i produttori di cibo perché il loro indebolimento e la loro subalternità ad istituzioni economiche e finanziarie è destinata ad aggravare la situazione.
Per queste ragioni noi chiediamo ai Ministri dell’Agricoltura dei Paesi G8:
- di investire in un modello agricolo che si basi sui principi dell’agroecologia, della priorità dei mercati locali, dell’universalizzazione del diritto di accesso e gestione delle risorse naturali, di una scala familiare della produzione agricola; dell’esclusione di tecnologie inappropriate per gli equilibri sociali e ambientali a partire da una moratoria immediata sugli OGM.
- di sostenere i processi multilaterali e processi di governance inclusivi e partecipati dalle organizzazioni sociali sulla base dei principi di autonomia e rappresentatività per la definizione di politiche agricole fondate sulla sovranità alimentare. Riconoscere come interlocutori principali i movimenti sociali dei produttori di cibo ed istituire un solo luogo di governance globale del cibo e dell’agricoltura centrato sulle Organizzazioni delle Nazioni Uniti basate a Roma.
- di tutelare il diritto al cibo anche vietando l’applicazione di derivati finanziari sulle derrate agricole
- di valorizzare il lavoro agricolo, riconoscendo ai lavoratori i diritti di rappresentanza e tutela sindacale, adottando delle adeguate legislazioni di sostegno sociale e affrontando con forza, insieme alle organizzazioni sociali del settore agricolo, il problema dello sfruttamento del lavoro sommerso
- di valorizzare tutte le filiere ad alto valore agro ecologico, le esperienze di consumo critico e solidale e l’autorganizzazione dell’offerta e della domanda anche grazie allo strumento degli acquisti pubblici, perché costituiscano un’alternativa viabile e concreta per la valorizzazione dell’agrobiodiversità, della piccola e media trasformazione e dei sistemi di produzione locale rispetto ai canali della grande distribuzione organizzata
- ai governi dei Paesi del G8, di impegnare maggiori fondi nell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo agricolo con l’obiettivo di tornare ai livelli raggiunti nel 1979.

21 aprile 2009

5 per mille - non costa nulla ma vale tanto

Ecco come destinare anche quest’anno il 5 per mille
per i progetti di RETE


Nei modelli CUD, 730-1 bis redditi o UNICO persone fisiche 2009
c’è un apposito allegato dedicato al 5 x mille.
Dovrai semplicemente apporre la tua firma e scrivere il numero di codice fiscale di RE.TE.

97521140018

nella prima delle tre caselle (quella riservata al sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni).

se non presenti la dichiarazione
cioè sei titolare di redditi certificati dal modello CUD e decidi di non presentare alcuna dichiarazione, basterà recarti presso qualsiasi banca, ufficio postale o CAF (Centro di Assistenza Fiscale) e consegnare l’intero allegato relativo alla destinazione del 5 x mille. Ricordati di inserirlo in una busta seguendo le istruzioni che trovi in fondo all’allegato stesso.

se invece presenti la dichiarazione
cioè sei tra coloro che presentano il 730 o il modello UNICO, basterà comunicare al tuo commercialista o al tuo CAF di fiducia, il nostro codice fiscale e firmare, sulla copia cartacea, l’apposito allegato riferito al 5 x mille.



Questa operazione non ha nessun costo per te contribuente, ma aiuterà moltissimo RE.TE. a realizzare i suoi progetti in favore delle popolazioni svantaggiate dei Balcani e del Sud del mondo.

E RICORDA: OGNI CONTRIBUTO A RETE ONG È FISCALMENTE DEDUCIBILE:


La legge 49 del 26/2/1987 e il DLG del 4/12/1997 riconoscono il valore sociale dei contributi per la solidarietà internazionale consentendone la deducibilità fiscale, tanto alle persone fisiche che alle persone giuridiche. Essendo RETE una Organizzazione Non Governativa (ONG) e una Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS), tutti i contributi possono essere detratti dalle imposte in sede di dichiarazione dei redditi. In base alla legge 49 sulle ONG si può dedurre dal reddito imponibile fino al 2% del reddito complessivo dichiarato. In base al DLG 460 sulle ONLUS si può detrarre il 19% del contributo fino ad un massimo di 2.065 €.

PER CONTRIBUIRE AI PROGETTI:
C/c postale 42852111 int. Associazione tecnici solidarietà e cooperazione
C/c n° 116874 Banca Etica abi 05018 cab 12100 cin F via San Pio V 15 bis, 10125 Torino

Se vuoi sapere di più sulle attività di RE.TE. ONG clicca su:
http://www.reteong.org http://www.retecoop.blogspot.com
Noi siamo in corso Giulio Cesare 69/9. Tel 011-7707388, email rete@arpnet.it .

AIUTACI FACENDO CIRCOLARE LA VOCE
TRA AMICI PARENTI, COLLEGHI E CONOSCENTI!

Un grazie di cuore da noi e da tutti i partecipanti ai progetti di RETE.

07 marzo 2007

partecipate al corso di formazione sulla cooperazione!

COOPERARE? SI, GRAZIE!

Il ruolo della cooperazione tra nuove politiche di sviluppo, tutela dei diritti e commercio nord – sud

Corso di formazione

Sede IAL, Torino, Via Adorno 4

7 marzo - 16 maggio ore 14/16




7 marzo
Presentazione del corso a cura dei rappresentanti delle ONG promotrici

14 marzo Le politiche internazionali di sviluppo

21 marzo Gruppo di rielaborazione

23 marzo Cooperativismo e sviluppo locale

28 marzo Per un commercio equo: tra il libero mercato e la tutela del produttore

30 marzo Gruppo di rielaborazione

4 aprile Il diritto del lavoro nei paesi del terzo mondo

11 aprile I diritti delle donne e dei minori: alfabetizzazione e salute

13 aprile Gruppo di rielaborazione

18 aprile Primo studio di caso: il progetto DISVI

2 maggio Secondo studio di caso: il progetto MAIS

9 maggio Terzo studio di caso: il progetto ReTe

11 maggio Gruppo di rielaborazione

16 maggio Gruppo di rielaborazione

A questi incontri se ne aggiungeranno altri in data da definire per completare l’attività di rielaborazione e l’organizzazione del materiale che verrà successivamente pubblicato.

Per informazioni:

RE.TE. ONG 011/7707398 rete@arpnet.it

DISVI ONG 0141/593407 italia@disvi.it MAIS ONG, 011/657972 info@mais.to.it


LINK: http://www.cocis.it/sito/


20 gennaio 2007


"Il Marocco è un susseguirsi di porte che si spalancano a mano a mano che si avanza. E non si può avanzare se non visitandolo assiduamente, e conservando in sé il desiderio dello stupore, la curiosità di conoscere e di assimilare”
(Tahar ben Jelloun)

17 gennaio 2007

marakech parte seconda


Sempre più mi sto integrando nello stile di vita marocchino, soprattutto ora che mi sono trasferita nella mia nuova casa e la famiglia del padrone di casa, mia vicina, mi ha formalmente adottato, per cui mangio spesso a casa loro e i weekend si cucina tutti insieme in questa grande famiglia di sole donne!!! Ormai non so più cos’è una forchetta, ma in compenso il calore e l’amicizia che mi danno queste persone mi aiutano a non sentire nostalgie varie, in Italia e in Mali. In più facciamo la spesa nei mercatini popolari, ci coccoliamo all’hammam, e adoro il profumo di coriandolo che ti resta sulle mani dopo averlo pulito per preparare il tajine..
Il progetto… L’aspetto che più colpisce di Tamesloht, è la cortina di fumo denso e nero che avvolge il villaggio, e che si vede fin da lontano. La causa è l’inquinamento dovuto ai forni che gli artigiani usano per cuocere le terrecotte, e che utilizzano per la combustione pneumatici usati!! L’effetto è tremendo, non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute umana, degli artigiani che lavorano tutto il giorno in mezzo al fumo nero e delle famiglie che abitano nei pressi. Credo che bisognerebbe coinvolgere qualche associazione ambientalista italiana e anche il partito dei verdi, per ora le speranze di cambiare le cose riposano in qualche vaga promessa, poiché il necessario passaggio all’uso di forni a gas ecologici è molto costoso. La mancanza di organizzazione è l’altro problema, dovuto principalmente al fatto che gli artigiani che si riuniscono in cooperativa a fronte di oneri finanziari e di tempo non vedono risultati tangibili e immediati. I tempi burocratici per l’approvazione dei progetti sono infatti biblici e l’unico finanziamento un po’ costante nel tempo e immediato è quello dei nostri progetti. La notte i muezzin della moschea che domina sulla mia casa mi sveglia, lasciandomi per un attimo sospesa tra il sogno e la realtà. Marrakech, 17 janvier 2007

11 gennaio 2007

marrakech

Eccomi qui nella mia nuova casa, il Marocco.

Intanto qualche considerazione personale, che mi porta a pensare che nel mio sangue scorra qualche gene nomade, altrimenti non si spiegherebbe come mai appena passato il confine con il mio paese, tutte le mie paranoie, ansie e paure scompaiono, nonostante sia il momento in cui dovrei averne di più, dato che mi trovo in un paese sconosciuto, una cultura per me nuova, e pressoché da sola. Eppure, respirando a pieni polmoni i profumi di marrakech, sorridendo come una bambina con il naso all’insù, mi sento felice.
Qualche considerazione molto superficiale sul luogo: l’impressione più inquietante che sto avendo, dopo una prima idea di Marrakech come città di livello europeo se non più, ricca, pulita e ordinata, è che un mondo estraneo si stia appropriando di un Marocco che rischia di scomparire. Parlo dei ricchi di Marrakech e degli stranieri che comprano le vecchie case in centro nella medina per ristrutturarle e venirci a vivere, magari per tre settimane all’anno, mentre i marrachines sono costretti a cercare casa nei sobborghi che vengono costruiti di fretta e furia fuori città. Parlo dei country club, golf club, parchi acquatici (in un paese in cui c’è la siccità!!!) che mangiano ettari agli ulivi e ai campi agricoli, come sta avvenendo lungo la strada che porta a Tamesloht. I contadini vendono la terra, per poter sopravvivere ad annate sterili, terre che acquistano subito un valore centuplicato, per arricchire le compagnie straniere, ma che non porteranno nulla alla comunità locale, che si vede emarginata in un processo che solo apparentemente sta portando benessere, e di cui mi sento pericolosamente colpevole, siamo tutti un po’ colpevoli, dato che se proprio volessimo andare in un acqua park, potremmo andare a Rivoli in fondo, e non a Marrakech, sottraendo acqua all’agricoltura. Non sono solo mie considerazioni, ma riflessioni fatte insieme alla cordiale e meravigliosa popolazione di Tamesloht, che ringrazio per avermi accolta con tanto calore.
By katia, Marrakech, 10 janvier 2007

02 gennaio 2007

happy new year..

BUON 2007 DA RE.TE.!!!

23 dicembre 2006

Auguri!!!!


Buon Natale! Joyeux Noel! Feliz Natal! Feliz Navidad! Merry Christmas! (by K.)

21 dicembre 2006

ultima riunione prima delle feste

Anche quest’anno la scuola 8 marzo di Venaria sta per fare la raccolta di fondi natalizia tra i suoi alunni e ci ha chiesto consiglio su dove destinarla. Abbiamo discusso e abbiamo deciso per il pollaio di Bandiagara (Mali): una piccola iniziativa di un gruppo di donne dogon per l’allevamento di polli, che ha buone prospettive, ma che ha sofferto il disastro del crollo del tetto e della casa del guardiano, da riparare, e che vorrebbe avviare anche un piccolo allevamento di faraone. Dobbiamo anche prevedere alcuni fondi per aiutarle ancora quest’anno a pagare le cure veterinarie.


Alla presenza di tutti, abbiamo realizzato una piccola cerimonia, restituendo quanto a me e a Nino era successo in Salvador. Durante la consegna ufficiale del Centro di formazione di Apopa (piccolo comune nella cintura di San Salvador, con enormi problemi di disoccupazione e violenza), la presidente di CRD, il nostro partner locale, ci ha consegnato un diploma di riconoscimento. Un altro ci è stato consegnato dal coordinatore del Frente Frabundo Martì de Liberación Nacional, che ci è ancora più caro nonostante i suoi problemi. Così, a nostra volta li abbiamo consegnati a Cinzia come vicepresidente, e faranno bella mostra di sé nell’ingresso.


Ci siamo proposti, durante il mese di gennaio, di mettere al lavoro dei gruppi regionali per fare una valutazione e una programmazione per il 2007, sia politica che economica. I gruppi potrebbero essere questi: Est Europa, Nordafrica, Sahel, Mozambico, Sudamerica, Centroamerica, e potrebbero servire a coinvolgere anche i nuovi volontari oltre che tutti i soci interessati, e continuare in seguito ad incontrarsi almeno una volta al mese.

Inoltre, creeremo un gruppo Italia, con moltissimi compiti: non soltanto i progetti di Educazione allo sviluppo, ma l’organizzazione degli incontri e serate, la raccolta fondi, il rapporto con le istituzioni, la gestione dei volontari e del servizio civile. Questo gruppo si incontrerà una volta ogni 15 giorni da gennaio e avrà come referenti Nadia e Valeria.

Uno dei suoi primi compiti sarà il calendario delle serate a paese, in cui parleremo oltre che dei progetti della situazione politica e delle prospettive di sviluppo, degli aspetti interessanti per un viaggio “responsabile”. Inoltre vengono proposti degli incontri a tema, primo tra tutti il microcredito, su cui prepararci bene e da utilizzare per discutere al di fuori dell’organizzazione questi temi.

Abbiamo infatti bisogno più che mai di parlare con il nostro mondo, che non è organizzato come quello cattolico, ma che esiste ed è fatto dai sindacati, dalle cooperative, dai movimenti (come quello della Val di Susa), dalle tante persone impegnate in vario modo e che spesso continuano a rivolgersi ai missionari.


Nuovi progetti in cantiere che abbiamo discusso: in Mali, un progetto con Cisv e Lvia in tema ambientale, e con Cisv e Terra Nuova per l’allevamento. Inoltre aiuteremo l’ambasciata britannica a completare una seconda scuola di villaggio. Per un altro piccolo progetto assisteremo il comune di Entraque in previsione di coinvolgerlo nella rete delle nostre azioni.

Proseguono anche i progetti in Mozambico: per il terzo anno, dovremmo cercare di raccogliere nuovamente circa 25.000 €. Cercheremo di sostenere il più possibile l’autonomia del Centro di formazione, che la stessa Viceministra con delega alla cooperazione, Patrizia Sentinelli, ha recentemente visitato su iniziativa dell’ambasciata italiana.

E infine, le partenze: Katia sta per partire, il 3 gennaio, per un lungo giro in Marocco, Mali e Burkina Faso, e Paolo nella stessa data per il Senegal.

15 dicembre 2006

primo ritorno dal Salvador

Mi sto preparando a partire da S. Salvador, lascio questa gente e questi posti meravigliosi.

Ieri la cerimonia di consegna del progetto e' stata una bella festa, e' stato veramente un bel incontro, con tutti quei bambini, con tutte quelle persone che ci vogliono bene, con le loro speranze di migliorare le loro condizioni di vita, di organizzarsi e contare di piu'.

Grazie all'impegno di noi tutti soci di RETE ed in modo particolare di Franco Ruo Roch, responsabile del progetto in Salvador, e della socia salvadoregna Sonia Cansino abbiamo realizzato veramente un bel progetto e un bel centro di sviluppo locale.
E tutti hanno dimostrato un forte riconoscimento per quello che abbiamo fatto.

Alla cerimonia di cosegna ha partecipato per tutta la mattinata il coordinatore nazionale del Fronte facendosi spiegare tutto sul centro e sul progetto e assicurandoci l'appoggio politico del partito.
Ha usato parole fraterne di saluto e di forte apprezzamento alla nostra Associazione ed ci ha consegnato un riconoscimento ufficiale.
Uguali parole di apprezzamento e di stima ha espresso il rappresentante della Municipalita' di Appopa.
Parole fraterne di apprezzamento e di stima sono state espresse da CRD nostro partner locale, che ci ha consegnato un riconoscimento ufficiale dell'attivita' di RETE.

Sono, siamo veramente contenti, di quello che malgrado tutti i problemi, siamo riusciti a fare.

Sono convinto che riceveremo, nell' inaugurazione ufficiale del 20 gennaio, gli apprezzamenti anche degi uffici locali della Cooperazione e dell'ambasciatore italiano, che mi ha gia' espresso apprezzamenti in un incontro in ambasciata e la volonta' di appogiarci in iniziative future.

Il centro realizzato con il precedente progetto UE funziona, e' stato ampliato e potenziato. L'organizzazione Funsalprodese, nostro partner, ci dimostra amicizia e la volonta' di continuare con altre inioziative.
Per quanto riguarda il futuro, con i due nostri partner locali Funsal e CRD abbaimo concordato di lavorare su una ipotesi di progetto di sviluppo locale in ambito turistico.

Daniela Guasco, cooperante di RETE in missione, oltre al lavoro sul progetto in corso, sta effettuando in strettissima collaborazione con la DIGNA, importante e riconosciuta organnizzazione femminista salvadoregna, un progetto a favore delle donne.

Lascio questo paese del Centro America con quel forte sentimento di affetto verso le persone ed i luoghi, che noi soci di RETE, che abbiamo operato in questi paesi, viviamo.

Nino.

una buona notizia


La cooperativa di commercio equo Libero Mondo ha deciso di importare 500 kg di scalogno Dogon per produrre dei cracker da distribuire nel mercato italiano. La scelta di produrre cracker deriva da delle ricerche che hanno fatto a seguito degli incontri avuti durante Terra Madre e prima, durante i quali gli avevamo dato dei campioni. In programma hanno anche un viaggio in Mali per organizzare l'importazione e, probabilmente, in Marocco, per vedere i prodotti artigianali della nostra cooperativa. Insomma, presto vedremo nelle nostre botteghe solidali i cracker dogon!!!!

28 novembre 2006

sotto il vulcano

El Salvador, novembre 2006.
Sono qui per una missione di genere: partecipare alla valutazione del progetto che sta terminando dal punto di vista dell'impatto per le donne, ma soprattutto elaborare un nuovo programma in collaborazione con Las Dignas, un'organizzazione di donne salvadoregne.

E' la prima volta che vengo in centroamerica, ed questo fatto di per sé già rende importante il viaggio per me, dato che Rete ci lavora tanto e da tanto tempo. Questi paesi non sembrano essere di grande priorità per i grandi finanziatori europei, forse li si considera ancora il "cortile di casa" degli USA. Eppure vedo come qui si incrocino temi importantissimi delle dinamiche in corso nel mondo, e quindi significhi davvero qualcosa la strada che prenderanno questi paesi.
Il governo salvadoregno è un allievo modello di Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Governo USA: ha adottato il dollaro come moneta corrente, impoverendo sensibilimente la popolazione (i prezzi si sono quadruplicati, e i salari sono rimasti uguali), demolito lo stato sociale e privatizzato tutto, pensioni comprese; è l'unico paese centroamericano ad avere soldati in Iraq. E i risultati dell'aver seguito così fedelmente le ricette neoliberiste si vedono: il salario minimo non permette di vivere - 175 $ al mese in un paese caro quasi come l'Italia, e le vie d'uscita sono soltando quelle dell'emigrazione di massa negli Stati Uniti (2 milioni di salvadoregni vivono all'estero, su meno di 7 milioni di abitanti) o della delinquenza organizzata in bande armate, le maras. Il paese è considerato il più violento dell'America Latina, e la risposta governativa è unicamente quella della repressione.
Tuttavia, il partito di destra, ARENA, è saldamente al governo fin dalle elezioni del '94 che hanno seguito di due anni gli accordi di pace dopo la guerra civile. Il Frente Farabundo Martí, convertitosi a partito di opposizione, ha conquistato man mano soltanto alcune amministrazioni locali, tra cui la capitale San Salvador.

Il movimento delle donne, uscite in gran numero dall'esperienza della militanza nel Frente, è tuttavia molto vivo. Le associazioni di donne di base, nelle aree rurali come nei quartieri poveri della capitale, sono sostenute da organizzazioni nazionali con una chiara politica femminista. Le richieste politiche sono di vario tipo: dalla lotta alla privatizzazione dei servizi, acqua in particolare, a quella per le pari opportunità di educazione e lavoro, a quella contro la violenza, al diritti sessuali e riproduttivi. L'aborto è proibito, anche quando la salute della madre è in pericolo; le gravidanze adolescenziali molto diffuse; un grandissimo numero di donne subisce violenze fisiche e sessuali. Pochi giorni fa, il 25 novembre, hanno avuto luogo le manifestazioni per la non violenza contro le donne, che hanno chiesto alle istituzioni maggior impegno nel perseguire i colpevoli e nel modificare la mentalità comune.
Las Dignas è una delle più riconosciute tra queste organizzazioni di donne, anche a livello centroamericano. Hanno affrontato come molte altre il difficile percorso da movimento solamente politico ad Ong in grado di captare fondi internazionali e gestire programmi concreti, senza perdere la propria identità. Infatti si rifiutano di crescere come struttura, anzi vogliono diminuire nel numero di stipendiate, per non dipendere troppo da finanziamenti. Oggi sono 30, socie e lavoratrici, a seguire quattro programmi: per la partecipazione politica, contro la violenza, per la giustizia economica e per l'educazione. Sostengono associazioni di donne di base e conducono campagne di sensibilizzazione. Insieme stiamo disegnando un programma di lavoro comune che comprenda le strategie di entrambi.

Nel frattempo ad Apopa, un sobborgo a nord di San Salvador, tutto è pronto per l'inaugurazione del centro di formazione professionale che abbiamo fatto costruire. Si potranno avviare corsi al suo interno, nei laboratori attrezzati, e organizzare incontri. A fine dicembre, dopo una storia lunga e travagliata, chiuderemo il progetto e il centro sarà affidato a CRD, un'Ong locale. Parallelamente, si è già bien organizzata una cooperativa di risparmio e credito, che vede le donne come maggioranza tra i soci.
Il centro ha un senso speciale in queste aree: dare un'alternativa ai giovani del posto rispetto alle bande armate.


daniela

link: www.lasdignas.org

21 novembre 2006

nuove scadenze

Il vostro incubo peggiore...

- 20 dicenbre: bando sahel percorso C
- 16 febbraio: bando sahel percorso A
- 16 gennaio: ex B7-6000

06 novembre 2006

scadenze!!

Nei prossimi giorni ci sono delle scadenze importanti per la deposizione di nuovi progetti, in particolare:

- 27 novembre: scadenza bando sulla formazione (progetto in MALI)
- 15 dicembre (probabile): scadenza bando Sahel (2 MALI, e BF)
- 22 dicembre: scadenza bando della Unione Europea ARIANE , sul rafforzamento della società civile (sito internet http://www.ariane-ml.org/)

Senza dimenticare il 30 novembre per il progetto Marocco...

Come dire.. corro a scrivere!!! (by Katia)